La sanatoria è una pratica amministrativa che riguarda la regolarizzazione di opere eseguite in maniera non conforme alle normative. Nella maggior parte dei casi essa permette l’adeguamento della legittimità delle opere. In edilizia storica e/o consolidata è quasi impossibile trovare situazioni che non necessitino di questo tipo di operazione
Vendere un immobile significa, tra le altre cose, verificare la conformità dello stato del proprio immobile, in quanto i passaggi di proprietà devono effettuarsi su immobili conformi, attraverso la consegna della certificazione di conformità edilizia, al contrario di quanto accade in caso di successioni.
Possiamo quindi affermare che ad un certo punto della vita (vostra o del vostro immobile) si renderà necessaria una verifica dell’adeguatezza dell’edificio. Tale verifica si effettua tramite:
Accesso agli atti presenti negli archivi comunali riguardanti l’immobile
Analisi dei dati catastali
Sopralluogo presso il sito per verificare la corrispondenza
La necessità di aprire una pratica di sanatoria si verifica solo nel caso in cui non sia possibile ricevere la certificazione di conformità edilizia, in quanto presenti discrepanze o incoerenze tra i disegni depositati in comune o in catasto e la realtà.
Il committente, giunto a questo punto, solitamente procede con l’istanza di sanatoria.
L’istituto della sanatoria edilizia è normato a livello nazionale dal DPR 380/2001 e succ. mod. (testo unico per l’edilizia), in particolare dagli art. 36 e 37 e solo un un tecnico abilitato, cioè iscritto all’ordine degli ingegneri, degli architetti o dei geometri, può essere incaricato della la sua redazione.
Il comune che recepisce l’istanza ha 30 giorni di tempo per deliberare e consegnare il certificato di sanatoria.
Ma come si redige un’istanza di sanatoria?
La prima attività del tecnico incaricato riguarda il reperimento di tutte le “carte” appartenenti all’edificio, ossia tutte le planimetrie e i prospetti appartenenti all’immobile sin dalla sua edificazione. Si deve tener conto che, per gli immobili antecedenti il 1967, considerati storici, può accadere che non vi siano atti documentali delle origini dell’edificio; questa eventualità apre un’ampia questione di legittimità riferita al reperimento di altre fonti materiali, come le fonti fotografiche o documentali.
Questo primo e non banale passo è poi accompagnato dal sopralluogo presso l’immobile, per la verifica dello stato effettivo delle opere. In questa fase il tecnico rileva tutte le misure e le opere e le confronta con gli atti in suo possesso, per trovare le differenze tra i disegni che nel tempo sono stati fatti e ciò che è stato costruito e/o abbattuto.
Si tratta di un lavoro che richiede la conoscenza delle norme attuali e passate, al fine di ricostruire precisamente la storia dell’immobile ed individuare tutte le eventuali difformità, ma contestualizzandole alle norme vigenti all’epoca dell’abuso.
Ed ecco che arriviamo alla domanda: Cosa viene scritto in una pratica di sanatoria?
Una volta individuate tutte le difformità, il tecnico, seguendo le normative dell’epoca e quelle attuali e, laddove non ve ne fossero, seguendo un ragionamento logico e di buon senso, indica quali di esse rientrano all'interno di categorie di difformità ammissibili (previste dalle norme nazionali e/o regionali) e quali richiedono di essere sanate, laddove possibile, o demolite, in caso contrario.
Le difformità ammissibili sono categorizzate secondo uno schema ben preciso; esse richiedono la comunicazione al comune di riferimento ma non vengono inserite all’interno della pratica di sanatoria e sono le seguenti:
tolleranze esecutive
tolleranze di cantiere
difformità tollerate in sede di agibilità
difformità accertate e tollerate nel corso di un procedimento edilizio.
Per la Regione Emilia Romagna, il riferimento normativo è l’art. 19 bis della L.R. n. 23/2004 della regione E.R. e sue successive integrazioni, così come la Circolare esplicativa P.G. 2018.0410371 del 05/06/2018.
Una questione a parte, invece, è relativa alle difformità riscontrate in edifici già oggetto di condono o di sanatoria in passato. In questi casi la norma non permette di fare una sanatoria su opere già sanate o condonate, in quanto la casistica non è contemplata perché si presuppone che al momento del condono siano state regolarizzate le opere in modo corretto.
Il tecnico incaricato, pertanto, potrà attestare la legittimità delle opere, dimostrando, ad esempio, incoerenze documentali o rifacendosi all’arretratezza dei mezzi per la stesura dei disegni e riferendosi sempre e comunque allo stato di fatto dei luoghi.
Non di rado, infatti, questi condoni o sanatorie storiche venivano fatte in modo sbrigativo e con scarsità di documentazione, soprattutto se paragonate agli strumenti e ai documenti a cui abbiamo accesso ai nostri giorni.
Non è raro incontrare quelli che possiamo identificare come “errori materiali”, ossia incoerenze, incertezze e imprecisioni all’interno dei disegni, delle relazioni tecniche e dei vari documenti.
Vi è poi la sanatoria di opere strutturali anche a rilevanza sismica, tema decisamente pertinente per tutta Italia e in particolare per il territorio in cui maggiormente operiamo, l’Emilia Romagna. Si tratta di una procedura contenuta all’interno della pratica di sanatoria urbanistica e/o architettonica principale, che la integra e completa e che si attiva qualora le opere da sanare siano a carattere strutturale. I riferimenti normativi nazionali sono i seguenti:
Art.35 comma 3 lett. b legge 47/85 e succ. mod.
Art. 65 dpr 380/2001 (ex legge 1086/71) e succ. mod
Dm 20 novembre 1987 (norme tecniche per le murature)
Tale normativa è integrata in Regione Emilia Romagna da:
Art. 22 comma 1 della lr 19/2008 (riduzione del rischio sismico) e succ. mod.
Dgr 2272/2016 regione Emilia Romagna (interventi privi di rilevanza per la pubblica incolumità ai fini sismici - IPRIPI, varianti sostanziali strutturali - VS e varianti non sostanziali - VNS.
Pareri del comitato tecnico scientifico redatti negli anni a seguito delle richieste da parte di addetti ai lavori e che rappresentano riferimenti molto pratici ed esaustivi: Seduta 26 del 17 dicembre 2013, seduta n. 55 del 30 marzo 2017, seduta n. 75 del 7 novembre 2019.
Tutto ciò si traduce nei fatti nel dover individuare in maniera chiara, univoca e veritiera:
In cosa consiste l’abuso
La datazione dell’abuso
La rilevanza sismica dell’abuso, cioè il suo comportare o meno modifiche alle parti strutturali dell’edificio o agli effetti dell’azione sismica
Il rispetto delle normative vigenti all’epoca dell’abuso
La presenza, al tempo dell’abuso, di una classificazione dell’edificio in base al pericolo sismico.
Dall’esito di tutte queste considerazioni deriverà la necessità di eseguire una semplice asseverazione oppure un certificato di idoneità statica ai sensi della legge 47/85 o, ancora, una vera e proprio istanza di autorizzazione sismica in sanatoria o, come ultima possibilità, il dover procedere con opere di consolidamento a causa del mancato rispetto dei requisiti di legge come sopra definiti.
È evidente quanto la redazione dell'istanza di sanatoria sia delicata e si basi sulla buona preparazione del tecnico incaricato in fatto di conoscenza delle norme, nonché sulla sua capacità di analisi. Saranno, infatti, le sue considerazioni motivate a far pendere l’ago della bilancia verso una conferma integrale dell’istanza o alla necessità di demolizione di talune opere e/o ricostruzione di altre o, ancora, a determinare su che basi calcolare l’oblazione da pagare e l'eventuale sanzione (quest’ultima per gli immobili vincolati o tutelati).
Che pratica è? A cosa serve? Cos’è il responsabile della sicurezza? Qual’è il ruolo del direttore dei lavori?
Sono le classiche domande di chi sta per iniziare un’opera edile più o meno complessa.
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